Schumi, l’Armstrong del Cavallino Rampante

Il 21 luglio del 2002 Michael Schumacher firmava un nuovo record in Formula 1: vincere un titolo mondiale con sei gare d’anticipo, nessuno come lui. E per molti, ormai, si trattava di un campione “di un altro pianeta”…

Anno 2002. Ormai sono due stagioni che la Ferrari è tornata a splendere. I “ventuno anni dopo Jody Scheckter” urlati da Gianfranco Mazzoni alla fine del tesissimo quanto storico 8 ottobre 2000 di Suzuka, non sono stati un caso isolato. La storia sarebbe stata scritta ancora e ancora, fino al 2004. Ma ancora, questo, nessuno lo sapeva.

Si sapeva, però, che ormai Michael e la rossa costituivano il binomio perfetto: le amarezze, le sconfitte, i rinvii della gloria e il trionfo nipponico ne avevano rafforzato l’equilibrio e la sintonia. La sinergia tra uomo e macchina era invadente quanto la luce del mattino che penetra da una finestra senza tapparella.

In alcune dichiarazioni rilasciate al via del campionato, Bernie Ecclestone paragona Michael a Muhammed Ali. Il pugile prima noto come Cassius Clay, era talmente bravo da non avere rivali. Il mondo si fermava per assistere ai suoi combattimenti, pervaso dall’interrogativo di chi sarebbe riuscito a sconfiggerlo.

Ma Schumi, lo Schumi idolatrato dal popolo ferrarista, non si sente il paragone di nessuno. Fuori dall’abitacolo è un uomo “normale”, è quando cala la visiera che la sua percezione della realtà cambia, si trasforma nell’astronauta assetato di obiettivi e risultati con il suo missile imbattibile e potente. Che, in questo caso, prende il nome di F2002.

Vent’anni fa oggi, il 21 luglio, l’Armstrong del Cavallino scopriva un nuovo pianeta dei record, in mondovisione. A Magny Cours, in Francia, l’aritmetica gli offre la possibilità di diventare ancora una volta Campione e di scrivere la storia, raggiungendo Fangio.

Qualcosa, però, sembra voler rimandare i festeggiamenti: un’infrazione all’uscita dai box gli costa una penalizzazione, ma Michael non teme il distacco da dover recuperare, rapidamente modifica la strategia, con pragmatismo capisce che il suo obiettivo quella domenica si chiama Kimi Raikkonen. Il futuro Iceman, leader del Gran Premio, alla vista del Kaiser negli specchietti della sua McLaren perde la concentrazione, si distrae prendendo dell’olio presente in pista e andando in testacoda. Schumacher è primo.

Gli ultimi cinque giri per il tedesco sono interminabili, definiti poi come i peggiori della sua carriera. Perché sembrano non finire mai, perché improvvisamente sente sul petto il peso di una vita da pilota, a cui ha dato tutto se stesso. Raggiungere il Campionissimo argentino non sarebbe stata cosa da poco, “qualcosa di enorme”, affermerà. Poi, finalmente la linea del traguardo definitiva. Quella sulla quale passare per poi fermarsi, senza più proseguire. Quella da oltrepassare col braccio alzato, con il pugno chiuso e le urla intrappolate in un casco. Il resto, è un fiume di champagne. Un fiume di champagne versato sul punto più alto della supremazia di Schumi e di quella rossa che lo ha reso leggenda. 
Ph: Ercole Colombo

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