Il 17 luglio 1994 il rigore di Baggio a Pasadena chiudeva il Mondiale ’94.
“Acceleriamo insieme: il quarto è nostro!”.
È un caldissimo pomeriggio americano del luglio 1994. I giocatori del Brasile hanno appena vinto il Mondiale e il primo pensiero corre in cielo, ad Ayrton Senna, il pilota brasiliano scomparso due mesi prima a Imola. Ci sono Dunga, Romario, Bebeto, Taffarel, Cafu e un giovanissimo Ronaldo, con il numero 19, in panchina.
Se il calcio regala storie, o se qualcuno di voi crede alle coincidenze, il giorno 17 di quel mese, in quell’anno, su quel campo, il sogno americano che si tinge di verdeoro è quello che serve. Umidità insopportabile, il cammino verso la finale che pare una via crucis. Soprattutto per l’Italia di Sacchi, peggiore tra le terze, qualificata agli ottavi dove rischia di uscire dalla Nigeria prima che cominci il Mondiale, finalmente, di Roberto Baggio.
Che butta fuori Spagna e Bulgaria, prima di presentarsi acciaccato al più grande appuntamento che un giocatore possa desiderare. Il Brasile ha riflettuto molto sulle sue passate eliminazioni, soprattutto quella del 1982 ad opera proprio degli azzurri. È meno spettacolare e più concreto, agli ordini di Alberto Parreira, e arriva in finale dopo aver buttato fuori la sorprendente Svezia.
Il sogno italiano finisce ancor prima di cominciare: merita un pochino di più il Brasile, anche se gli azzurri fanno una partita gagliarda. Baresi torna in campo diciotto giorni dopo una operazione al menisco e disputa forse la miglior partita in carriera. Baggio, come detto, è acciaccato, ma deve giocare: il colpo di genio può sempre arrivare.
E invece, si va ai rigori, per la prima volta nella storia del torneo. Sbaglia proprio Baresi, Pagliuca respinge il tiro di Marcio Santos, segnano gli altri ma poi sbaglia Massaro. La rete di Dunga porta il Brasile davanti a due match-point: o un errore di Baggio, o il gol successivo, due opzioni che darebbero il titolo ai verdeoro.
“Abbiamo ancora una tenue speranza”,
dice Pizzul con voce bassa al microfono. Ma da lassù, ci pensa Ayrton: mai Baggio aveva tirato un rigore così.
La profondità del personaggio, ferreo buddista che sa guardare le cose oltre alla superficie, è venuta fuori negli anni, e in una intervista proprio a una tv brasiliana, nel 2010, disse:
“E’ una ferita che non si chiuderà mai. Avevo sempre sognato di giocare una finale mondiale e che l’avversario fosse il Brasile. Ma quando ho avuto questa opportunità ho sbagliato quel rigore. E’ stato Senna ad alzare il pallone dal cielo. Sul momento avrei voluto sotterrarmi, ma poi ho pensato che il Brasile ha più abitanti dell’Italia, e allora quel rigore forse aveva fatto felici molte persone”.
Lucio Dalla gli dedicò una canzone, dicendo che Baggio era “come una porta aperta nel cielo”. La stessa che lo tradì, il 17 luglio 1994. Una porta aperta da un pilota brasiliano, lassù.