Sepulveda e il football: battaglie, vergogne e la passione per i ribelli

Si è spento a 70 anni a Oviedo il famoso scrittore che aveva contratto il coronavirus dopo un incontro letterario in Portogallo. Il calcio, trattato sempre con rispetto, era stata una parte del suo cammino

di Stefano Ravaglia

E’ il 2 giugno del 1962. In un bordello cileno, uno dei pochissimi luoghi del paese attrezzato con una televisione, su richiesta del padre che conosceva il proprietario, il piccolo Luis Sepulveda insieme ai suoi amici si accomoda in mezzo alle prostitute per la sua iniziazione. E che iniziazione. E’ il giorno della “battaglia di Santiago”, nel Mondiale che il Cile gioca in casa.

Arbitra un inglese, Ken Aston, ed è curioso come il nostro abbia già diretto la precedente gara dei padroni di casa, fatto unico in un torneo iridato. Due cronisti italiani, Antonio Ghirelli del “Corriere della Sera” e Corrado Pizzinelli del “Resto del Carlino-La Nazione”, dipingono il paese sudamericano come un serbatoio di analfabetismo, prostituzione, miseria e “infinita tristezza”. Sarà il primo assist alla vittoria cilena.

 

I giornalisti cileni suggeriscono l’espulsione dei due colleghi italiani, e all’ingresso in campo i giocatori della Nazionale di Paolo Mazza, lanciano al pubblico garofani bianchi in un timido tentativo di riappacificazione, ma per tutta risposta agli azzurri vengono riservati solo sonori fischi. Così come accadde al Milan in Coppa Intercontinentale sette anni dopo contro l’Estudiantes, anche l’Italia cade nel maschio combattimento cileno, intimidatorio e cruento: espulso Ferrini dopo soli 7 minuti, cacciato Mario David prima della fine del primo tempo. Risse, pugni in faccia, interventi al limite.

Nell’ultimo quarto d’ora, Ramirez e Toro firmarono le reti che piegarono l’Italia, che fu eliminata nonostante la vittoria nell’ultima partita contro la Svezia. Aston, criticato aspramente dagli italiani, non fu in grado d’interrompere una partita che era divenuta una vera e propria guerra.

Battaglia di Santiago (calcio) - Wikipedia

Sepulveda era un seguace di quella nazionale. Era riuscito a raccoglierne tutti gli autografi, calciatore per calciatore, su una foto di squadra. Fin quando non fu fulminato dallo sguardo di una ragazza più grande di lui che reputò “la ragazza più bella del mondo”, Carmen Yanez, che diventò sua moglie e con la quale scrisse, sino ad oggi, giorno della sua scomparsa a causa del coronavirus dopo un periodo di ricovero ad Oviedo, una bellissima e sincera relazione seppur interrotta per un periodo. Una infatuazione che lo portò forse via da un futuro pallonaro. Insieme nelle loro diversità: “Io ero socialista, lei di estrema sinistra…” dirà Sepulveda a “Repubblica”.

L’aveva vissuto tutto quel suo Cile battagliero, rude e tumultuoso, Sepulveda, anche oltremisura. Quando la Nazionale deve spareggiare con la Russia per l’accesso al Mondiale tedesco del 1974, da pochi mesi si è insediato nel paese il dittatore Augusto Pinochet, che aveva rovesciato il socialista Allende. I russi si rifiutano di giocare la partita di ritorno dello spareggio allo stadio Nazionale di Santiago, utilizzato come prigione per i dissidenti. Il simbolico gol che il Cile segnerà con tutti i giocatori che si passano la palla e insaccano il pallone a porta sguarnita, è una delle immagini più iconiche della storia del football. Non più la battaglia, ma “la vergogna di Santiago”, questa volta.

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Nel frattempo, Sepulveda viene arrestato.

“Era il 4 ottobre del 1973. Giorno del mio compleanno. Insieme ad altri venimmo circondati dai soldati e dalla polizia. L’accusa che mossero fu alto tradimento della patria e banda armata. Fui torturato, processato e condannato alla pena capitale. Il mio difensore era un tenente dell’esercito. Lui poteva parlare con me, io no. Alla fine mi disse che era riuscito a trasformare la condanna a morte in 28 anni di carcere”.

Carmen viene ugualmente fermata e torturata. Lui riesce a scappare. Tanta latitanza: la Germania, l’Ecuador, dove conosce Margarita, una donna che gli darà tre figli. Prima del riavvicinamento con Carmen, con la quale si scrive lunghe lettere dal Cile alla Svezia, dove si trova lei.  Sepulveda fu davvero salvato dalla scrittura, materia che non pensava mai diventasse il suo lavoro vero e proprio: un suo professore di liceo inviò dei racconti a un premio letterario, che furono pubblicati e tradotti in tedesco. In Germania e nel resto d’Europa una grande mobilitazione a suo sostegno lo scagionò.

File:El Molinon (Oeste).jpg - Wikipedia

Avverso a Pinochet così come lo era Carlo Caszley: il fuoriclasse cileno di origine ungherese si rifiutò di stringere la mano al dittatore in un incontro con la squadra prima della partenza per i Mondiali tedeschi. Mai si era scordato del calcio, Sepulveda, affascinato dagli anticonformisti: Guardiola dalla Catalogna, la Roma di Zeman, e una autentica predilezione per Marcelo Bielsa, “il più grande allenatore che abbiamo mai avuto sulla panchina del Cile”.

E un altro colpo di fulmine sulla sua strada, quando si trasferisce in Spagna: lo Sporting Gijon. Pierpaolo Marchetti, traduttore di Sepulveda e anche di Galeano, un altro decano della letteratura anche calcistica (“Splendori e miserie del gioco del calcio”, un must), raccontava così quel tifo che spesso vedeva Sepulveda sulle tribune del “Molinon” di Gijon:

“Confermo che era un tifoso dello Sporting di Gijon e andava spesso allo stadio El Molinon. Non avrebbe mai potuto fare il tifo per una squadra vincente. Infatti amava dire: la mia è stata una generazione di perdenti che però non ha mai perso la speranza di vincere”.

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