Il Gran Premio del Brasile 2008 rappresenta l’occasione persa di Felipe Massa e il primo sigillo di Lewis Hamilton non senza colpi di scena e polemiche: tra i due, un destino segnato da soli 38 secondi.
Interlagos, 2 novembre 2008. Una data difficile da dimenticare. Nella mente di molti, ancora risuonano le voci dei telecronisti che raccontarono quella pagina di sport. Il mondo della Formula 1 si da appuntamento in Brasile per decidere chi, tra Felipe Massa e Lewis Hamilton, indosserà la corona del Re della stagione. Per entrambi, si tratta della prima vera grande occasione iridata.
Hamilton, giovanissimo, è al suo secondo anno nella massima serie. Già reduce dall’aver sfiorato la possibilità di un titolo al suo esordio nel 2007, guida il mondiale con sette punti di vantaggio sul cavallino rampante brasiliano. Massa, per vincere, è chiamato ad una prestazione perfetta. Ha due possibilità: tagliare primo il traguardo, sperando che il suo antagonista in McLaren non faccia meglio di un sesto piazzamento, oppure salire sul secondo gradino del podio ma con l’inglese ottavo o fuori dalla zona punti, seguendo l’allora assegnazione del punteggio prevista per i primi otto piazzamenti.
I due contendenti arrivano sul tracciato “Josè Carlos Pace” con cinque vittorie ciascuno, con Lewis conquistatore in Australia, Monaco, Gran Bretagna, Germania e Cina, mentre Felipe primeggia in Bahrein, Turchia, Francia, nel Gran Premio d’Europa a Valencia e in Belgio. Probabilmente, l’unico cruccio per il ferrarista è trascinato dall’esito di Singapore. Dopo una partenza da poleman, entra ai box per il rifornimento uscendone con la pompa di benzina ancora agganciata alla sua monoposto.
Piccola parentesi. La corsa asiatica entrerà nella storia degli scandali a motori: la Federazione, infatti, accerterà che il risultato finale era stato condizionato e agevolato dall’incidente di Nelson Piquet Jr, pilota Renault, per far entrare la safety car in pista e favorire la vittoria del suo compagno di squadra, Fernando Alonso. In poche parole, un epilogo che andava annullato ha, invece, registrato la terza piazza per Hamilton e una posizione fuori dai punti per Massa.
Ad Interlagos, Felipe gioca in casa. Dispone dell’ennesima vettura affidabile e competitiva della Scuderia Ferrari, la tensione e l’adrenalina sono alle stelle. Le condizioni meteo, poi, alzano l’asticella della trepidazione. Sono settantuno i giri previsti, quasi tutti bagnati da una pioggia più o meno battente, ma presente. Mancano tre minuti dallo spegnimento dei motori, quando sull’asfalto brasiliano si scatena un violento nubifragio che costringe il posticipo della partenza di dieci minuti. Rapidamente, così com’era arrivata, la pioggia se ne va, ma i team optano per le gomme intermedie.
Si parte. L’ultimo atto è finalmente cominciato. Massa detta il ritmo, seguito dalla Toyota di Trulli e dal compagno di squadra, campione in carica, Kimi Raikkonen. Dietro di loro, Hamilton. Con la Red Bull di Coulthard e Piquet fuori dai giochi alla prima curva, entra la safety car. Lentamente, la pista comincia ad asciugarsi, e intorno al decimo giro tutti rientrano per il cambio pneumatici.
Il beniamino di Ron Dennis ritarda la sua sosta si un paio di tornate, rientrando settimo alle spalle di Fisichella e della sua Force India, con Massa che continua ad essere leader lasciandosi dietro un intraprendente Vettel su Toro Rosso, Alonso, Kimi, Fisichella ed Hamilton. Il giovane tedesco non molla il ferrarista, costretto a premere sull’acceleratore. Hamilton e Glock, quest’ultimo su Toyota, sorpassano la Force India di Fisichella; al ventisettesimo giro, Sebastian, che segue la strategia delle tre soste, si ferma ed è sesto. Siamo alla 38^ tornata, ed ora anche gli altri piloti passano dalla pit lane.
Il brasiliano precede Vettel, Alonso, Raikkonen, Hamilton. Al cinquantesimo giro, la Toro Rosso richiama nuovamente Vettel, che rientra dietro l’inglese della McLaren, ora quarto e virtualmente campione. A circa dieci giri dal finale, la pioggia si abbatte nuovamente su Interlagos. Da qui, per Felipe, inizia la corsa più lunga e frustrante della sua carriera.
Alonso, l’altra Ferrari, Lewis e Seb si fermano ancora, raggiunti un paio di passaggi dopo anche da Massa. Giro 68: Vettel passa Hamilton, che subito contrattacca. Timo Glock, che non si è fermato ed è con gomme slick, è quarto, proprio davanti a Lewis, ripreso e superato nuovamente dal giovane torello di Faenza. Hamilton sprofonda in sesta posizione, spinge come un dannato per agguantarsi la quinta piazza, quella necessaria per strappare un titolo che sembra definitivamente nelle mani del suo avversario Rosso.
Ma si sa, l’imprevedibilità è sempre dietro l’angolo. O all’ultimo giro. Sotto un boato più rumoroso di una tempesta, Massa vince, “…e adesso aspetta, adesso aspetta…”, dirà qualcuno. Tutti, dai tifosi ai meccanici, esultano ed urlano di gioia. Una telecamera riprende il papà di Felipe mentre gesticola un inequivocabile “calma”. In effetti, non era ancora finita.
L’euforia lascia spazio all’attenzione e all’attesa, frustrante. Hamilton continua a spingere, con Glock che non riesce più a stare in pista per via delle sue slick. Nelle ultime tre curve riunite da un’unica traiettoria, la sagoma della McLaren di Lewis appare dietro Glock, intanto superato da Vettel, passandolo.
“Con Hamilton che è quinto?! Ha passato Glock, non era un doppiato! È campione del mondo Hamilton! Non ci posso credere… che finale. Non lo dimenticheremo mai”.
L’entusiasmo dei ferraristi cambia faccia. Due box e due scenari: in Ferrari, un meccanico, per la rabbia tira un pugno rompendo un vetro. In McLaren, Nicole Scherzinger salta e applaude il suo fidanzato, appena diventato il più giovane campione delle monoposto mondiali di sempre.
Ma, a non dimenticare mai quel finale, sarà Massa. La Ferrari è vincitrice della coppa costruttori, un dettaglio che passa in secondo piano. Seduto nella sua monoposto, parcheggiato nella piazzola del numero uno, Felipe, distrutto, alza la visiera del casco e scoppia in lacrime. 38 secondi e 907 millesimi lo avevano separato dall’occasione di una vita, da quella che si è trasformata nel primo sigillo iridato per chi, nella storia della Formula 1, avrebbe scritto molte pagine, diventando una nuova ed imbattibile leggenda.