Storie di calcio d’Oltremanica: la storia del West Bromwich Albion e gli Strollers

Girovagando per la città di Birmingham sono ancora visibili i segni della Grande Depressione, conosciuta meglio come la crisi del 1929, che si riversò sull’Inghilterra dopo la Rivoluzione Industriale. Birmingham e West Bromwich  sono attualmente due città molto simili per certi versi ma diversissime per tante sfaccettature, che tracciano una solco netto di 4 miglia, distanza che le divide.

Basta percorrere l’autostrada A34, che collega West Bromwich, cittadina di 135000 abitanti, a Birmingham che ha una popolazione superiore al milione, per rendersi conto di come muti il paesaggio e di come cambi radicalmente il pensiero della gente. La loro vicinanza geografica porta a considerare la sfide tra le due squadre come un vero e proprio derby, anche se non hanno sede nella stessa città. I tifosi dei due club nutrono considerazioni diverse gli uni degli altri.

I tifosi del WBA definiscono i “vicini” dei Villans come i rivali di una vita, mentre i Villans sono anni che snobbano i Baggies. Per loro il vero derby è la partita contro i rivali cittadini del Birmingham City.

Il West Bromwich Albion fu fondato nel 1878 dai lavoratori della George Salter’s Spring Works e un anno dopo la nascita prese il nome di di West Bromwich Strollers, suffisso legato al fatto che i giocatori della squadra dell’epoca dovettero recarsi nella vicina città di Wednesbury per procurarsi un pallone per poter giocare.

Photo by West Bromwich Albion

Da qui il nomignolo di Strollers, ovvero girovaghi o vagabondi. Nel 1880 il Club divenne ufficialmente Albion, con chiaro riferimento al distretto di appartenenza.

La working class di Birmingham, in quanto classe operaia, si considerava in un certo senso migliore rispetto agli Strollers, che non avevano nemmeno un pallone per giocare, i Baggies sono sempre andati fieri delle loro umili origini, accusando i Villans di essersi imborghesiti oltre un certo limite. Il senso d uno dei derby più infuocati d’Oltremanica è anche questo.

di Antonio Marchese

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