Una vita al Leicester, un Mondiale da titolare e la parata più bella del secolo. E’ lui il miglior portiere di sempre in terra d’Albione?
di Stefano Ravaglia
Ridondante è sempre la voglia di rituffarmi nel calcio del passato, nudo di cifre astronomiche, tatuaggi e social networks. Una delle tante peculiarità di questo sport è di rappresentare una sorta di minestrone di tutte le discipline scolastiche: ci sono personaggi storici, avvenimenti, molte date, tanti numeri e un po’ di geografia.
Nel tentativo di recuperare uno straccio di romanticismo (toh, argomento scolastico anche questo) da dentro un carrozzone ormai in mano ai fondi qatarioti e alle bizze dei giocatori dei nostri giorni, parto idealmente per la madrepatria Inghilterra, l’ombelico del football, per rispolverare la storia e la carriera di un signore di tutt’altro spessore che può vantarsi di aver vinto qualcosa con la nazionale dei Tre Leoni e di essere stato praticamente anche l’ultimo a farlo.
La data è il 7 giugno del 1970, la geografia ci porta a Leicester e il personaggio storico in questione si chiama Gordon Banks, portiere della nazionale inglese per nove anni e un totale di settantadue presenze. Centottantacinque centimetri, non un vatusso, ma con grande senso del piazzamento e, come dimostrerà al Mondiale messicano, una agilità non comune. È evidente che a Leicester si respira un’aria salutare: lì è approdata per la prima volta la Premier League due anni fa, e un po’ tutti facevamo il tifo per le foxies; da lì è passato Gordon e per inciso anche il suo successore tra i pali della nazionale, un certo Peter Shilton.
Nel Leicester Banks disputa 293 partite dal 1959 al 1966 giocando al vecchio Filbert Street demolito nel 2002 e difendendo la porta in ben quattro finali in sei anni, seppur tutte nelle coppe nazionali, togliendosi lo sfizio di alzare la Coppa di Lega del 1964. A Banks piaceva fare il portiere sin dalla tenera età e dimostrava il suo attaccamento al lavoro giocando in una squadra di minatori prima che il Chesterfield, inteso come il club calcistico a nord di Derby e non come una sigaretta o un divano, si accorgesse che questo ultimo baluardo avrebbe fatto strada.
Detto del paragone con Peter Shilton, è opportuno ricordare che i due hanno tracciato per ventisette anni la storia della nazionale senza soluzione di continuità tra i pali, e si sono avvicendati nel 1966 anche al Leicester quando Banks, fresco campione del mondo, dovette lasciar spazio all’erede, emerso dalle giovanili, che tuttavia aveva già le idee ben chiare: non avrebbe accettato di fare la riserva. Un passaggio di consegne rivelatosi solenne, una continuità scandita negli anni seppur il più giovane Peter, che presenzierà anche ai Mondiali italiani del 1990, non abbia avuto pari fortuna del collega che aveva alzato il trofeo iridato.
Oggi Gordon Banks, classe 1937, conserva la sua spigliatezza, l’ironia e anche parte dei lineamenti di quel viso paffutello che lo faceva rassomigliare vagamente a un individuo di origine asiatica, oltre che i suoi capelli lunghi seppur ovviamente ingrigiti. Ogni settimana passeggia con alcuni vecchi compagni di squadra dello Stoke City, dove si distinse per altre 194 presenze dal 1966 al 1972, tra i laghetti del Trentham Gardens, e si reca regolarmente al Britannia Stadium per le partite casalinghe dei Potters.
Nel cinquantenario della vittoria a Wembley contro la Germania, ha avuto modo di dire:
«Quando ero giovane ascoltavo i vecchi uomini meravigliarsi di come il tempo era passato in fretta e non capivo. Oggi, che ho l’età che avevano loro all’epoca, li capisco. É davvero passato in fretta»
ed ha elogiato uno dei suoi compagni di squadra di allora, Alan Ball, l’uomo chiave a suo dire per quella vittoria iridata:
«Alan era straordinario, fu votato miglior giocatore del mondiale dalla squadra stessa. Lavorava duramente, su e giù, su e giù, ogni minuto».
A cosa si riferiva quella data accennata in precedenza, dite? Sì, non ci siamo dimenticati. A Guadalajara, in quel mondiale messicano dove l’Inghilterra arriva da campione in carica, quel giorno Banks ha di fronte il grande Brasile di Pelé. In quella calda mattina dell’estate ’70 (si gioca alle 12, ora locale) i verdeoro vincono 1-0 e veleggiano verso la definitiva conquista della Coppa Rimet.
Nonostante ciò, accadde qualcosa che lo stesso protagonista racconta così:
«Vidi arrivare un cross dalla sinistra, e indietreggiai verso la porta. Poi vidi che era troppo alto perché potesse essere raggiunto da qualcuno. Improvvisamente Pelé saltò più in alto di tutti, mi sembrò che rimanesse sospeso lassù per un tempo infinito. Indirizzò il pallone con la testa in un angolo che mi pareva lontanissimo. Realizzai di aver respinto il pallone solo quando Moore si complimentò con me. Vidi la sfera rotolare oltre i cartelloni pubblicitari e non capivo come ci ero riuscito!».
Il buffetto del leggendario capitano del West Ham su quei folti capelli neri appena il pallone, impennatosi dopo il colpo di reni del numero uno inglese, rotola fuori, è un’icona di quei minuti finiti di diritto in uno dei tanti cassetti della memoria calcistica. Si era compiuta agli occhi degli spettatori una grandissima parata, forse la parata del secolo.
Non sappiamo se fu altrettanto faticoso fermare, nel 1965, un cane entrato in campo a Filbert Street e che Banks “parò” a terra in una foto in bianco e nero che lo ha immortalato al pari di quel miracolo su Pelé, di certo fu un colpo al cuore vendere la medaglia del titolo casalingo a Christie’s, per la somma di centoventimila sterline.
«Altri giocatori della squadra l’avevano fatto. Era l’unico modo che avevo per aiutare i miei tre figli piccoli a dar loro stabilità. Purtroppo non so dove è andata a finire quella medaglia, chissà. Ma non avevo altra scelta».
Pochi mesi dopo il titolo della squadra di Ranieri, ho visitato Leicester e la sua cattedrale, che custodisce la tomba di Riccardo III, l’ultimo Re inglese morto in battaglia, i cui resti sono stati ritrovati proprio sotto a un parcheggio della città. Non crediamo che Gordon avrà la stessa fortuna quando tra cent’anni abbandonerà questa terra, ma aver fermato Pelé e poter testimoniare di aver vinto un titolo mondiale con la propria nazionale è più che sufficiente per annoverarlo tra i più importanti portieri degli almanacchi pallonari. Con lui il pallone era come in banca.
Lo pensava anche il cronista inglese, quel pomeriggio a Guadalajara:
“A great save by Gordon Banks!”.