Walter Winterbottom, un professore in panchina

L’Inghilterra di inizio ‘900 esce dalla FIFA e si rifiuta di giocare i primi campionati del Mondo. Poi, nel 1947 va in panchina un professore di ginnastica: e gli inglesi si degnano di andare.

di Stefano Ravaglia

Avrebbero di che vantarsi della loro spettacolarità, gli inglesi. Quattro squadre finaliste nelle coppe europee, stadi lindi e moderni, rispetto delle regole e, nel caso non accada, certezza della pena. Molti giornalisti inglesi condannano un po’ questo vezzo d’oltremanica di rimirare la propria bellezza, seppur giustificata. E se guardiamo al periodo tra le due guerre, ne hanno ben donde.

Cosa accadde? L’Inghilterra spaccona, che ha inventato il gioco, che lo ha codificato nel 1863 con le sue regole scritte alla Freemason’s Tavern di Londra da guasconi e buontemponi di due secoli fa che davano calci al pallone nelle università. E poi esportato in tutto il mondo, come quel nome “River Plate”, inglesizzazione del Rio de la Plata, una scritta comparsa su una cassa di legno con dentro merce al porto di Buenos Aires, e adottata subito dai fondatori dell’omonima squadra arcirivale del Boca. L’Arsenal, non quelli di Highbury ma quelli di Guayaquil, perché è bello chiamarsi come una grande squadra inglese, e anche in Italia Herbert Kilpin fonda il Milan e le maglie bianconere arrivano da Nottingham, sponda Notts County.

Ma c’è stato un tempo in cui tutto questo splendore divenne burrasca. La FIFA, nata nel 1904, annovera l’Inghilterra che poi esce nel 1928 perché, tra le idee bislacche della federazione, c’era di organizzare un campionato del mondo che premiasse la nazionale migliore del globo.

Ma come? C’è forse un paese migliore di noi calcisticamente? Noi che il calcio l’abbiamo inventato, codificato ed esportato dovunque? Si chiesero i britannici.

E così, nel 1928, l’Inghilterra uscì dalla FIFA e non partecipò ai primi Mondiali: 1930, vince l’Uruguay, 1934, Italia, 1938, ancora l’Italia. Ci vorrà un’altra guerra perché, oltre al carico di vite umane e macerie, venga portata via anche la puzza sotto al naso inglese. Nel 1947 sulla panchina dei Tre Leoni arriva uno con la faccia da attore americano che ha una delle carriere più corte di sempre nel calcio giocato: si chiama Walter Winterbottom, viene da un anonimo paese del Surrey, Guildford, e preferisce insegnare che giocare. La sua avventura al Manchester United si conclude dopo sole ventisei partite, che resteranno le uniche in carriera anche per colpa di un infortunio.

Rimarrà manager fino al 1963. Educato alla Oldham Grammar School e arruolatosi con la RAF, l’aeronautica britannica, ha straordinarie doti di insegnante di educazione fisica ed è un uomo che vede oltre rispetto a tutti gli altri. Sotto la sua guida l’Inghilterra si degna finalmente di venire al Mondiale: nel 1950 in Uruguay, due anni dopo le Olimpiadi londinesi e nell’edizione passata alla storia per il celebre “Maracanazo”, va però piuttosto male: i maestri inglesi vengono sbattuti fuori da uno stuolo di statunitensi, super sfavoriti, perdendo per 1-0.

Il suo lavoro però continua imperterrito, la nazionale gioca con il Sistema (WM) inventato da Chapman, che consentirà anche al Torino di vincere negli anni gloriosi di Mazzola, anche quando sulla strada degli inglesi capita qualcuno che per come gioca e per quanto poco abbia raccolto, meriterebbe davvero di essere chiamata maestra: è la grande Ungheria di Hidegkuti, Kocsics e Puscas. Gli inglesi giocano due amichevoli contro di loro: a Wembley il 25 novembre 1953, è una disfatta. Winterbottom, a domanda di un giornalista su quale dei giocatori in campo si sarebbe occupato di Hidegkuti, risponde: “Il nostro stopper lo seguirà fino a dove lo riterrà opportuno. Grazie”, facendo trasparire una chiara superiorità. E invece, l’ungherese segna quasi subito e i magiari travolgono a casa loro i maestri  (in campo Stanley Matthews, Stan Mortensen e Alf Ramsey tra gli altri) per 6-3. Solo una volta l’Inghilterra aveva perso in casa fino a quel momento: nel 1949 contro l’Irlanda. Non contenti, vogliono pure la rivincita: sei mesi dopo finisce ancora 7-1 per l’Ungheria.

Walter Winterbottom guida la nazionale anche in Svizzera nel 1954, in Svezia nel 1958 e in Cile nel 1962. I migliori risultati sono due eliminazioni ai quarti di finale. Viene comunque inserito nella hall of fame del calcio inglese e molto del successo al Mondiale del 1966 è stato plasmato da lui, che cede la guida della nazionale proprio ad Alf Ramsey, suo giocatore, il manager che ancora oggi è l’unico allenatore ad aver vinto il titolo con l’Inghilterra, che da quell’estate di cinquantatre anni fa non ha mai più alzato la coppa del Mondo.

Nel 1978 viene insignito del cavalierato per i servizi resi allo sport, e lo scrittore Graham Morse ha completato una autobiografia dal sottotitolo “Il padre del calcio inglese moderno”. Azzeccato, pur senza aver sollevato trofei.

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